26 Aprile 2025

Giovanni GuareschiHo ricevuto una torrenziale email dagli organizzatori del Meeting delle Etichette Indipendenti (MEI), che riporta il programma dettagliato di questa manifestazione che ero uso frequentare un’era geologica fa, quando si svolgeva a Firenze ed io ci andavo a suonare con i Panoramics. Il programma è interessante e ricco di eventi. Ma non è di questo che intendo parlare qui.
Nel programma, c’è un passaggio che mi ha colpito, e sul quale credo valga la pena di fare qualche riflessione. E’ il seguente:

“L’apertura del MEI 2006 sarà dedicata ai 100 anni della nascita di Secondo Casadei, lo Strauss di Romagna, che sarà ricordato ed attualizzato attraverso un grande convegno per ricordare la sua  figura antelitteram di no-global della musica e di “uomo che sconfisse il boogie-woogie” , cioè la prima avanzata dei suoni globali degli States con la rinascita della musica tradizionale romagnola.”

Ora, partiamo un po’ dal principio. Non conosco Secondo Casadei nè la sua storia (immagino che sia il capostipite della stirpe di Raul). Ma già mi fa pensare l’espressione “lo Strauss di Romagna”. Strauss. Un Crucco. Questo Casadei mi puzza di austriacante, anche se poi fa tanto il patriota…. E poi, che cosa è questa musica tradizionale? Polka, Mazurka, Valzer, Tango…. Uhm… Polonia, Ungheria, Austria, Argentina….. Questi sono suoni antitaliani!!! Qui si rischia di imbastardire la purezza delle nostre tradizioni!!! Fossi stato, all’epoca, un prefetto, lo avrei messo sotto controllo, questo tipo. Ma lasciamo perdere. Andiamo avanti. Pare che comunque abbia sconfitto il boogie-woogie, l’invasione barbara dei ritmi negroidi provenienti dalla grande demoplutocrazia giudaica. Bravo! E siccome fare qualcosa contro il Satana americano è qualcosa che rende migliori, lo proclamiamo combattente antelitteram delle battaglie No-Global. Ecco.
Secondo CasadeiMa a questo punto mi si confondono un po’ le idee. Il Camerata Casadei era in realtà un Compagno? L’origine romagnola, storicamente, ammette la compresenza di entrambe le possibilità. Le confusioni ideologiche dei giovani d’oggi, anche se loro non se ne rendono conto, purtroppo, pure.
Facciamo i seri, adesso.
Uno dei concetti, innegabili e banalissimi, ripetuti fino alla noia dalla critica musicale “progressista” -o semplicemente intelligente-, nell’affrontare l’evoluzione della musica leggera in Italia, è stato il fatto che gli innovatori (cioè quelli “buoni”, gli intelligenti, i talentuosi) sono sempre stati quelli che hanno recepito e fatta propria, quand’anche in maniera personale, l’influenza delle nuove musiche “di fuori”, come il Jazz, il Blues, il Rock, la canzone francese, il pop britannico, affrancandosi dalle stantie formule tradizionali. Questo hanno fatto tra tanti altri De Angelis, Otto, Kramer e Barzizza prima della guerra, e dopo Buscaglione, Carosone, Modugno, i cantautori genovesi, fino a Battisti e chiunque altro dopo di lui.
Noi, quelli buoni, quelli de sinistra, abbiamo sempre detto che è fondamentale aprirsi, contaminarsi, mescolare le culture. E mi pare un concetto valido, ieri come oggi, così come d’altro quello di valorizzare le proprie radici e le tradizioni culturali dei propri luoghi d’origine.
Oggi però alcuni sentono il bisogno, per sentirsi più buoni e più trendy, di emendarsi dal sospetto di essere vagamente indulgenti con gli Stati Uniti e con questo terribile mostro: la globalizzazione (anatema! anatema!…), e quindi arrivano a predicare e praticare clamorose cazzate come quella di farsi alfieri dell’autarchia musicale (concetto, in tutta franchezza, fascistoide). Credo che nessuno, a partire dal cento per cento dei musicisti presenti al sopracitato meeting sogni che l’Europa fosse rimasta incontaminata dai “suoni globali degli states”. Immaginatevelo: una musica fatta solo di tarantelle mazurche e melodramma, se ci andava bene di ‘O sole mio e Mamma. Un incubo parallelo a quello immaginato da Dick ne La svastica sul sole. Però, pensandoci bene…. se non altro, se vincevano i Tedeschi, gli americani non rompevano le palle…. Forse anche Hitler, sotto sotto, era un no global. E certamente amava i valzerini e le mazurche.

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