Questa non è una recensione.
Non so bene che tipo di post sia questo che state leggendo. Se sia qualcosa di molto personale oppure pubblico. E’ molto strana per essere la recensione di un libro, ma non è precisamente una pagina di diario. Fate voi, per quel che importa.
Oggi è il compleanno della mia amica Rossella Milone.
Ho conosciuto Rossella qualche anno fa al laboratorio di scrittura di Antonella Cilento, ed è nato lì un rapporto di stima ed affetto, credo reciproci. Anche se non ci vediamo spesso, la considero un cara amica. E una bravissima scrittrice.
Qualche mese fa, quasi un anno, è uscito per Avagliano il suo primo libro, Prendetevi cura delle bambine. Ne avevo parlato qui, in occasione delle prime presentazioni pubbliche. Mi ripromettevo di farle una bella, accurata, inevitabilmente tendenziosa -in positivo- recensione, ed un po’ di pubblicità, nel mio piccolo.
L’avevo naturalmente subito comprato, il libro. Avevo cominciato a leggerlo. E, come previsto, mi stava piacendo molto.
Poi, per una di quelle imperscrutabili traiettorie della vita (o della psiche, fate voi), l’ho lasciato in sospeso, per tutti questi mesi. In verità ho attraversato in generale un periodo di scarse o nulle letture. La sera leggiucchiavo quattro righe frettolose del primo pezzo di carta che mi capitasse sottomano, e crollavo in un sonno faticoso.
Ogni tanto mi capitava di pensare a Rossella, o di sentirne parlare, da amici o in situazioni “pubbliche”. E un’onda d’imbarazzo prossimo al senso di colpa m’invadeva per un momento. Ma soprattutto di dispiacere. Mi sembrava di avere disertato. Di essere “sparito” proprio in un momento prezioso, in cui è importante, da chi in qualche modo ti è vicino, avere una conferma, un sostegno, o magari anche una critica costruttiva: cose che abbiamo sempre fatto, tra di noi.
Ma poi, quando mi sono reso conto che si avvicinava il 21 aprile, ho deciso di finirla con le pippe inutili. Ho ripreso il libro, e l’ho letto d’un fiato.
E’ strano: ho fatto un regalo a me stesso in occasione di un compleanno altrui. O meglio, Rossella lo ha fatto a me. Leggendo questi pochi essenziali racconti, scritti con una maturità di sguardo – mi viene da dire saggezza – sorprendente (per una generica esordiente ventisettenne, non per chi già la conosceva) ho ritrovato anche in qualche modo il piacere della lettura, quello che si era perso quando avevo lasciato quella copertina col quadro di Modigliani a decorare inerte il comodino.
Rossella è soprattutto brava a raccontare, con un economia espressiva eccezionale, luoghi, situazioni, stati d’animo e sentimenti, con pudica sensualità e con acutezza. Con tenerezza ed empatia. Le storie sono piccole storie di abbandoni, di ferite dolenti e bisognose di linimento, ma senza nessuna pesantezza. Storie di bambini e di adulti, storie credibili e vicine, nei quali la città difficile in cui viviamo, Rossella ed io, prende corpo discretamente dietro ai corpi dei personaggi, senza occupare militarmente la scena in maniera ricattatoria. Semplicemente vera, scevra di sociologismi, di psicologismi e di tutti gli ismi che sottraggono piacere e forza alla scrittura.
Mi piacerebbe entrare un po’ più nel dettaglio, parlare dei singoli racconti, estrapolare qualche brano, ma il tempo stringe e voglio mandare il link a Rossella prima che finisca questa giornata. Questa non è una recensione, l’ho già detto. Somiglia di più ad una strana lettera, ma non di scuse, come forse qualche volta ho pensato potesse essere.
E’ una dichiarazione di affetto. E una cartolina di auguri. Buon Compleanno.