Giorni di Nobel, questi. Sono una quarantina d’anni che dico Nòbel, con l’accento sulla o. E da quasi altrettanti ho un automatico moto di sdegnato sopracciglio ogni volta che sento qualcuno dire Premio Nobèl. Mi ha sempre fatto l’effetto di certe antiche zie che volevano fare le sofisticate e pronunciavano i nomi di famosi attori hollywoodiani francesizzandoli (Anfrì Bogàrt, Robèr Misciùm, Caterìn Ebùrn e via dicendo). C’era una conoscente di Flaiano che parlava di Tolstoi chiamandolo Tolstuà.
Eppure la mia tracotanza linguistica ha oggi subito uno smacco. Dopo aver sentito l’ennesimo giornalista -del tg2, figurarsi…- che diceva “è stato assegnato il Nobèl per la pace ad Al Gore”, mi sono deciso a fare un ricerchetta su Google, non avendo un dizionario a portata di mano. Ahimè, pare che abbia passato una vita ad inarcare inutilmente il sopracciglio. Pare che si dica proprio Premio Nobèl. Per consolarmi, e per fare penitenza (l’ho trascritto a mano, non avendo lo scanner) ho ripescato un pezzo del 1965 di Achille Campanile sull’argomento accenti e televisione. Trovo che sia, scusate l’iperbole, assolutamente meraviglioso. Ed assolutamente esilarante (ogni volta che lo rileggo, rido da solo). E’ lunghetto, e non ho avuto cuore di tagliarlo. Ma vedrete che vale la pena di leggerlo.
LE OPERE E I FIERI ACCENTI
Una delle prime gigantesche opere della TV è quella della bonifica integrale del linguaggio, di cui il benemerito sodalizio si accolla volontariamente l’immane pondo fin dal suo primo apparire.
Nel riquadro di tale meritorio compito, di cui darò piena contezza nelle mie pagine olezzanti di lucerna, come quelle di Demostene, rientra lo
SPOSTAMENTO DEGLI ACCENTI
operato su larga scala. Vecchi accenti che da anni e talora da secoli riposavano indisturbati sulle posizioni occupate, in un neghittoso sonno e in un’immobilità da cui si sarebbe detto che niuno mai sarebbesi azzardato a toglierli, vengono audacemente rimossi e spostati a viva forza su altre sillabe. Chi viene fatto avanzare, chi indietreggiare. Chi si ferma è perduto.
L’ESERCITO ATTACCANTE
Per tale opera la TV si serve precipuamente d’una truppa d’assalto, composta di guastatori scelti, detti leggitori, adibiti alla lettura de’ comunicati del Telegiornale.
Esseri cinici, decisi a tutto, essi non guardano in faccia veruno, imperocché stanno quasi sempre con gli occhi bassi sul comunicato.
Lanciati all’attacco in prima linea, aprono la strada con orrevole slancio. Nulladimanco la loro tecnica d’assalto è la seguente: nel leggere un comunicato relativo ad avvenimenti, poniamo, verificatisi nella zona di Cassino, tentano un colpo di mano lanciando subdolamente, quand’uno meno se l’aspetta, un “nella zona di Càssino”, che lascia tramortito il telespettatore.
Dopo di che, sollevano per un attimo lo sguardo dalle sudate carte, danno una fulminea occhiata all’immaginario ascoltatore, con aria di chi l’ha fatta grossa, per vedere come la prende. Visto che l’immaginario ascoltatore non reagisce, vanno avanti: il colpo è pienamente riuscito.
Posciacché i guastatori hanno spianato il terreno, subentrano le truppe di rincalzo, composte dalle formazioni de’ telecronisti, commentatori e presentatori.
Segue un corpo di ausiliarie sceltissime, dette annuciatrici, che però hanno più che alto compiti di disturbo, mediante l’impiego di salmerie non composte da quadrupedi, ma da bipedi (papere someggiate), più atti alle sorprese.
COLPO DI MANO SU ZANZIBAR
Man mano che le varie parole vengono alla ribaltadell’attualità, il grande pubblico televisivo viene informato circa l’accentuazione televisiva di esse. In occasione di torbidi internazionali nell’omonima isola africana, Zanzibàr, detta anche prima d’allora Zànzibar, diventa Zanzìbar.
IL DRAMMA DEL PREMIO NOBEL
Le annuali assegnazioni del Premio Nobel fanno sì che da noi questo cessi d’essere, com’era sempre stato in Italia, il Premio Nòbel, ma diventi il Premio Nobèl, con grande rabbia del poeta Quasimodo1 (sec. XX; geometra e prosatore, emulo di Leopardi, di cui tenta di superare Il sabato del villaggio col suo Ed è sabato sera, in cui l’allusione al sabato, caro alle classi cosiddette lavoratrici in contrapposizione a noi che saremmo le classi riposatrici, gli vale la simpatia del partito che si autodefinisce dei lavoratori, in contrapposto a noi che saremmo i riposatori).
Il quale Quasimodo, avendo sognato per anni di avere il Premio Nobel, un avolta conseguitolo si sente dire di avere conseguito il Premio Nobèl, che tutta un’altra cosa, e si sente defraudato da quell’accento, che cambia la fisionomia della parola, e di conseguenza della cosa.
Sdegnato per lo spostamento d’accento di cui viene informato durante uno dei suoi frequenti viaggi in Italia (in cui viene per la lucidatura dei suoi stivali ad opera di alcuni scrittori), lo scrittore francese Sartre, la cui cosa più bella sono i suoi occhi storti, rifiuta il Premio Nobèl, gettando nella costernazione i 14.818 scrittori e scribacchini nostrali2 che, Nòbel o Nobèl, lungi dal rifiutarlo, sarebbero disposti a portare l’acqua con le orecchie fino a Stoccolma; cosa che del resto saprebbero fare molto meglio che scrivere; e che almeno servirebbe loro per lavasi una buona volta le orecchie.
IL CASO PASTERNACK
Non è da dirsi poi come resta il telespettatorequando in occasione dell’assegnazione del Premio Nobel allo scrittore sovietico Pasternack, sente leggitori e commentatori televisivi nostrali che parlano del Nobèl a Barìs Pasternàck.
Passi per il Nobèl, cui s’era ormai rassegnato. Ma quel Barìs è un vero colpo di scena. Sarà esatto in Russia, ma da noi s’era sempre detto Bòris: re Bòris di Bulgaria, il nichilista Bòris di Tartarino sulle Alpi ecc. ecc. Ci voleva la TV perché financo il Bòris Gòdunoff diventasse Barìs Godunòff.
Che non è escluso diventi, nelle telecronache di eventuali future stagioni scaligere, Barìs Gadunòff, visto che proprio in questi giorni il muscista russo Prokofiev è diventato in bocca all’annunciatrice del concerto a lui dedicato, Prakofiev.
Perchè pare che in Russia l'”o” si pronunzi “a”, e non si capisce perché laggiù scrivano “o” se poi si deve dire “a”. Ma il comunismo è tutto così.
COSA AVVERREBBE SE DA NOI PREVALESSE IL COMUNISMO
La cosa non manca di diffondere negli ambienti nostrali la preoccupazione che se per avventura, o disavventura, dovessimo cadere in mano al comunismo, in Italia l’ovo diventi avo (benché anche come avo, e magari bisavo e trisavo, sarebbe sempre più fresco del comune ovo di giornata in commercio da noi), e che l’omo (o uomo) diventi un amo a cui abboccare, più di come non avvenga oggi.
Russificatici tutti, l’attore Dario Fo3 diventerebbe Dario Fa. Ma che fa? Boh! Anzi: bah! Carlo Bo diventerebbe Carlo Ba. La Callas4 diventerebbe Collas e s’appiccicherebbe sempre più. Paola Borboni5 diventerebbe Barboni, l’autore televisivo Chiosso6 diventerebbe Chiasso, il presentatore Corrado diventerebbe Corrodo, e Salvator Gotta7 si trasformerebbe in Salvator Gatta e dovremmo fornirgli la trippa e il polmone. La trippa già ce l’ha.
LE METAMORFOSI
Per l’incontro, altrettali preoccupazioni deve destare il pensiero che prevalga l’Occidente. Eterno, irreducibile antagonismo su tutti i fronti! Se nei paesi sovietici l'”o” si pronunzia “a”, al contrario, nei paesi anglosassoni, l'”a” si pronunzia “o”.
E come potete sperare di mettere d’accordo due mondi che hanno concezioni diametralmente opposte perfino sulla pronunzia delle vocali? Quelo che per gli americani è l’ONU, per i sovietici è l’ANU.
Saggiamente la nostra TV si barcamena, dando, ove occorra, un colpo al cerchio e uno alla botte. Così, quello che da oltre mezzo secolo era, in Italia, Falstaff, è diventato all’improvviso, alla nostra TV, Folstaff. Esattamente finché si vuole, ma con grande rabbia di Giuseppe Verdi (sommo musicista italiano, n. nel 1813, m. nel 1901, e accoppato una seconda volta dalla nostra TV nel 1964 con la trasmissione Vita di Verdi), il quale ha sempre detto in tutti i toni Falstaff.
SE INVECE PREVALESSE L’OCCIDENTE
Ora, con la tendenza televisiva a mimetizzarsi anche fonicamente, è chiaro che, ove prevalesse l’Occidente, per la nostra TV Riccardo Bacchelli diventerebbe un Riccordo, se non addirittura un Ricordo, Bocchelli8; Gabriele Baldini si confondrebbe col pittore Boldini9 (discepolo di T. Minardi, 1842-1931); il pittore Massimo Campigli9 (Firenze, 1905, autodidatta; cominciò a dipingere a Parigi nel 1919) diventerebbe Compigli, poi Scompigli, e forse col tempo, chi sa?, Massimo Scompiglio. Arnoldo Foà diventerebbe Foò e Delia Scala, Scola. Peggio di tutti starebbero Carlo Mazzarella, che diventerebbe Mozzarella, e Cristina Gajoni.
Legittimo pertanto e giustificato il panico che regna nelle file degl’interessati. Quanto alla nostra TV, nessun pànico, ma sempre e soltanto panìco.
FERMENTO SUL CANALE DI PANAMA
Lo scontento serpeggiante in alcune repubbliche del Centro America, provocando sugli albori del 1965 moti sediziosi nella Repubblica Panamense, fa divenire presso la nostra TV Canale di Panamà quello che per noi e per tutti era sempre stato il Canale di Pànama, fin dai tempi dell’apertura di esso, vagheggiato dal sommo Lesseps (Ferdinando Maria, visconte di; 1805-1894; diplomatico.)
Vecchi signori forniti dell’omonimo cappello di paglia fremono al pensiero di avera vuto per tanto tempo sulla testa, a loro insaputa, il panamà invece del pànama, come avevano sempre creduto; e vergognosi sono tentati di sostituire il detto copricapo con la paglietta o la bombetta, ma li trattiene il timore che che la TV li cambi loro in pagliettà e bombettà.
Le ossa di Odoardo Spadaro fremono nella tomba.
CHE AVVIENE IN CANADÀ?
Al contrario, il Canadà, in occasione dei campionati di hockey su ghiaccio (inverno ’65), diventa Cànada per bocca del telecronista. In questo particolare caso, avrà ragione, non si dice di no. Ma in Italia s’era sempre detto Canadà.
“Tutto da rifare!” esclamano sconfortati gli autori della canzonetta “Aveva una casetta piccolina in Canadà”, basata tutta su quell'”a” finale accentata.
Un sordo malcontento serpeggia tra geografi e poeti, i quali temono che, di questo passo, quella grande e popolosa regione dal clima inclemente divenga Canàda.
LINGUA TOSCANA IN BOCCA ROMANA
Nella trasmissione Il mondo di Hollywood (agosto 1965), “cònstata”, voce del verbo constatare, diventa “constàta”. Dio mio, tutto si può fare, e non ne faremmo oggetto della presente trattazione se, in questo caso, non fosse fin troppo evidente, nei puristi televisivi, l’influenza della scuola media inferiore, che insegna come l’italiano più puro sia quello che si parla a Firenze (e non, come ritengono altri studiosi (scuola del Cutolo), quello che si parla a Maddaloni). Per conseguenza, i detti puristi televisivi ritengono di pronunziare “constàta” alla fiorentina equivocando con la costata alla fiorentina10.
METAPONTO
Un grosso colpo viene fatto in Mare contro mare, dove, per bocca della presentatrice femminile, la da parecchi anni vezzosa Silvana Pampanini, veniamo a sapere che, di Metaponto, quelle solerti autorità locali, invece che una fertile òasi, sono riuscite a fare una fertile oàsi.
CELEBRAZIONI DANTESCHE
Nel medesimo torno di tempo, un noto attore, in una rubrica culturale, citando Dante in occasione delle celebrazioni centenarie della di lui morte, lancia un “tetragòno ai colpi di fortuna”. Le ossa del sommo poeta, benché tetràgone ai colpi di fortuna, frèmono (anzi: fremòno).
TRAGEDIA NELLA TRAGEDIA
Durante la trasmissione d’una tragedia classica, in quello che viene definito il setimanale appuntamento del venerdì con la prosa, s’ode un’illustre attrice che, invece di “mercé mia”, dice “mèrce mia”. Il che molto rallegra i commercianti, che d’ind’innanzi possono aspirare a sentir parlare, nelle tragedie classiche, di merce mia, merce sua, merce tua e merce loro, e di vedere sui teleschermi la tragedia trasformata in una merce ria.
STRANO CONVEGNO DEI PARTECIPANTI AI DIBATTITI TELEVISIVI
Indi ci càpita (e non capìta) di sentir parlare, sui teleschermi, di riunioni e dibattiti a cui i partecipanti non partécipano, ma partecìpano. Il che fa chiaramente intendere che, di essi, ai detti dibattiti, parte cìpano e parte non cìpano. Chi saranno quelli che cìpano e chi quelli che non cìpano? Si attendono chiarimenti dal ministero delle Partecipazioni. Anzi, a voler essere proprio televisivamente precisi, dal ministero delle Cipazioni.
IL BAULE MISTERIOSO
Tutto ciò senza parlare dell’opera indefessa svolta dall’ente televisivo per trasformare il baùle in bàule, per mezzo di interviste ad agenti di polizia, in occasione del ratto di Mordechai Louk11. D’altronde, nella stessa trasmissione in cui se ne parlava, si venne a sapera a un certo punto che uno degl’intervistati che diceva con insistenza “bàule” si chiamava Praticò. Si vede che non era molto praticò degli accentì.
1Per le note bio-bibliografiche vedi quanto è scritto fra parentesi.
2Nessuna nota corrisponde a questa chiamata.
3La nota corrispondente a questa chiamata è stata soppressa dalla censura de’ costumi.
4Celebre cantante fiorita nella seconda metà del secolo XX.
5Celebre attrice italiana sfiorita nella prima metà del secolo XX.
6Anonimo del ‘900.
7Scrittore che fiorì nel ‘900 e sfiorì sull'”Ottocento”.
8Il cui Mulino del Po diventerebbe, in caso di prevalenza comunista, Mulino del Pa, all’uso russo.
9Per le notizie biografiche, l’autore rimanda il lettore a quanto è scritto nelle parentesi.
10Pregevole vivanda così denominata non, come potrebbe credersi, in omaggio alla Fiorentina di Flora Volpini, organizzatrice degli Incontri con l’autore, e relativi banchetti, ma perché chi l’ha mangiata al ristorante, quando arriva il conto suole esclamare: “Accidenti, quant’è costata!”
11Condannato a 13 anni di carcere. Meglio 13 anni in galera che un giorno nel baule.
Da Achille Campanile, La televisione spiegata al popolo, Bompiani
Non riesco a leggere tutto sul pc. Ma che voglia di comprarmi il libro!
Il famoso DOP nelle mani delle signorine buonasera…
Dove andiamo andiamo, io e te, sbaglieremo sempre tutti i dittonghi UO (che vanno detti aperti e noi li diciamo chiusi) e gli iati IE (che vanno sempre detti aperti e noi li diciamo sempre chiusi). Che guaio…(Cmq pure qua stanno inguaiati eh…).
Uè, Tinétta! Mi sa che lì a Milàn stai subendo un’eccessiva influenza ambientale… 🙂
Comunque, non ho capito la faccenda del DOP (mi spieghi?).
E mi spieghi anche per favore che vuol dire che non riesci a leggere tutto sul PC? E’ un problema tuo o un problema tecnico (nel qual caso, devo provvedere….)?
In ogni caso, grazie. E salùd a la Madunina.
no no, non ti preoccupare è solo un probleme mio non riuscire a leggere tanto sullo schermo del pc…Il DOP è solo il dizionario di ortografia e pronunZia (non solo l’acronimo per la denominazione di origine protetta); venne dato in mano alle signorine buonasera, che se lo dovevano imparare a menadito, accenti, apostrofi, dittonghi e iati compresi.
per i saluti, riferirò. ‘notte.