26 Aprile 2025

Ferrania Pancro - illustrazione di Guido ScarabottoloQuella che vedete qui di fianco, e che potete ingrandire cliccandoci sopra, è l’illustrazione che il grandissimo Guido Scarabottolo ha realizzato per il mio racconto Ferrania Pancro. Il racconto e l’illustrazione fanno parte di Bombeiros, l’antologia di racconti illustrati edita da Tapirulan e che è stata presentata il mese scorso a Cremona, nella bizzarra sede della caserma dei vigili del fuoco.

Non posso dire altro se non che quest’illustrazione è semplicemente quanto di meglio potessi immaginare per questa minima storia di memoria fantasmi e fotografie, che ne viene nobilitata ben oltre i suoi meriti. Ed è per questo che ne parlo solo ora: ho finalmente ricevuto il file dell’illustrazione e l’autorizzazione di Guido a pubblicarla qui. E lo faccio, con gratitudine. Ci aggiungo l’inizio del racconto e il link per acquistare il libro online, ove mai foste curiosi di sapere come va a finire.


Io sono quello in alto a destra. Il ragazzino coi pantaloni corti che fa la verticale vicino al parapetto. Più lontano, dal lato delle antenne, c’è Lucia, la ragazza che sta a servizio dai Castelli – noi all’epoca le chiamavamo le serve, oggi non si usa più. Lucia sta stendendo la biancheria, e si vede solo la schiena, che si piega in avanti verso il catino che sta per terra.
In primo piano, Antonio, il portinaio, con gli occhiali e il berretto – tutti i portinai portavano il berretto, qualcuno pure la divisa, nei palazzi dei ricchi. Questo non è un palazzo di ricchi, certo, ma neanche di poveri. Sotto la superficie del terrazzo – si vede nella foto l’ammattonato, con le piastrelle di cotto, un piccolo lusso – si estendono verso il basso cinque piani, ognuno con tre appartamenti. E in questo momento, nel momento in cui è stata scattata la foto, quasi in ogni casa c’è qualcuno. A cucinare, a lavorare, a letto con la febbre. A vivere. Le rare televisioni, posate su autorevoli catafalchi, si accenderanno solo la sera, le trasmissioni cominciano alle cinque.
Fosse una giornata come le altre, dovrei essere a scuola, ma la mia classe oggi è andata in gita d’istruzione a Pompei, e io, che sono allergico alla polvere e alle cose vecchie in genere, sono stato esentato.
La fotografia l’ha scattata Martino, il figlio grande di De Curtis, il ragioniere. Ha una bella macchina moderna per fare le istantanee, una Leica che gli ha regalato il cugino che sta in Germania, e oggi aveva voglia di usarla. Ci ha convocati tutti qui sul tetto, anzi sul terrazzo, che stamattina c’è una bella luce, e si vede pure un po’ di mare, in fondo. Quelli disponibili a salire su erano pochi, anzi quasi nessuno: solo Antonio e io, che gli stavo appresso in portineria, a far domande sui postini e i francobolli, sul telefonino e l’ascensore, ad aiutarlo a infilare le buste nelle buche allineate all’ingresso del palazzo.
Lucia era già lì, e quando le abbiamo chiesto se voleva farsi fotografare ha risposto che no, che si vergognava, e che poi doveva stendere i panni, non poteva perdere tempo, aveva un sacco di cose da spicciare. Di tempo ne aveva poco. Pure io, anche se non lo sapevo ancora.
Martino ci ha messi in posa, o quasi. Ci ha inquadrato. Eccoci qui. Fermi. Ha scattato.
Io sono fermo, faccio la verticale. Sono fermo a fare la verticale da quarantotto anni. Lucia da allora è curva sui panni da stendere, e Antonio sorride instancabilmente, col cappello in testa. Da tutto questo tempo noi tre condividiamo una strana condizione, che non avremmo mai potuto immaginare, quando non eravamo ancora morti, come adesso. Morti e immobili: Lucia, Antonio ed io. Antonio ebbe un brutto male, e se ne andò dopo quattro anni. Lucia, che smise presto di lavorare, per l’artrite, e non riuscì a prendere marito, è morta l’anno scorso, in un ospizio. Io però fui il primo. Un mese dopo aver fatto quella verticale, finii per distrazione sotto le ruote di un autocarro mentre attraversavo la strada. Ero quasi arrivato a scuola. (…)

Bombeiros è acquistabile online sul sito Tapirulan.it

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