Qualche giorno fa, volevo andare a vedere Zodiac. Arrivato al cinema, mi sono reso conto che lo spettacolo indicato sul giornale non c’era. Ho ripiegato quindi su questo. E, avendo visto poco dopo anche il film di Fincher (di cui parlerò a breve), devo dire che tutto sommato, questo si è rivelato leggermente migliore, al contrario delle aspettative. Ma in entrambi i casi si tratta di film che destano perplessità.
Come Zodiac, racconta una storia vera. E come Zodiac (per chi si è informato), toglie in parte il gusto della sorpresa per l’esito finale, che si conosce in anticipo. Qui addirittura il film comincia con il filmato (vero) del procuratore Ashcroft che annuncia la cattura di Robert Hanssen, funzionario dell’FBI, altissimo responsabile dei servizi di spionaggio, che per vent’anni aveva passato informazioni al nemico, i Sovietici prima ed i Russi poi. Tutto il film è quindi una ricostruzione delle delicatissime indagini per incastrare quest’uomo, nel mirino dei colleghi da anni ma talmente abile nelle sue mosse da non lasciare alcuna “smoking gun” che potesse consentirne la condanna. Ed anche, secondo un filone narrativo classico, dei rapporti psicologici che si vengono a creare tra lui ed il giovane agente che gli viene assegnato come assistente con l’incarico di stanarlo e trovare le prove del tradimento, e col quale stabilisce anche un complesso legame non privo di fascinazione. Hanssen, interpretato da Chris Cooper, il generale criptoomosessuale ed assassino di American Beauty è una personalità complessa e disturbata. Cattolico integralista fino alla paranoia, membro dell’Opus Dei, aspro, arrogante e frustrato, ma anche segretamente dedito a voyeurismi sessuali e spia dei Comunisti, è un vero enigma. Ed il limite del film è proprio il fatto che quest’enigma non viene illuminato. Seguiamo il protagonista nei suoi movimenti reali e psicologici ed avvertiamo anche un suo tormento autentico, nell’immane contraddizione che incarna. Ma non riusciamo a decifrarlo, ed aspettiamo alla fine un minimo di luce. Il film finisce, circolarmente, con la sua cattura e ci si aspetta proprio questo: che ci venga rivelato qualcosa, di e da Hanssen. Ma nulla sapremo di quello che ha detto, delle sue motivazioni, delle suo rivelarsi (liberarsi?) davanti alla Giustizia, se non un breve scambio di battute con i colleghi che lo arrestano, che sembra preludere allo svelamento e che invece chiude la faccenda lì.
Questo film, che per quasi tutto il tempo sembra puntare soprattutto sulla chiave relazionale/psicologica, si chiude invece come se fosse un semplice thriller in cui l’unico problema è arrestare il cattivo. E lascia piuttosto perplessi per questo. Certo, c’è l’altro aspetto, il tormento del giovane agente, il suo scontrarsi con la realtà divorante di un mestiere che rende quasi impossibile una vita affettiva “normale” e relazioni personali che escludano finzioni ed omissioni, ma non sembra questo un filone particolarmente originale nei film hollywoodiani a base di poliziotti e spie. Così come il classicissimo discorso morale, tipicamente Americano e Protestante, sull’etica della responsabilità cui far riferimento nei momenti difficili (“Fa’ il tuo dovere: sali su quella barca e rema”).
E qui veniamo all’aspetto più interessante e preoccupante. Con l’aria che tira oggi in Italia, questo film qui, se qualcuno se ne accorge, rischia di finire nel mirino dei neoclericali di tutte le risme che affollano rumorosamente tutti gli spazi disponibili. Hanssen è un Cattolico ipocrita, bigotto, cattivo e sessualmente pervertito (e perdipiù, osserviamo di sfuggita, ha un’inquietante somiglianza, nella faccia rugosa e floscia e nello sguardo stretto e acquoso, con Carlo Giovanardi). La morale del film, come dicevamo, è squisitamente protestante (benché anche il coprotagonista sia cattolico). E’ quanto basta per un articolo fiammeggiante sull’Avvenire o sul Foglio, se ci va bene. Se ci va male, per un’omelia, una dichiarazione dal pulpito, una reprimenda vescovile. Se ci va malissimo, per un’interrogazione parlamentare di Luca Volonté. Iddio ci assista.
Il conto:
Spesi: 7,50 euro
Valore effettivo: 4,50 euro
Bilancio: -3,00