Negli ultimi tempi, mi è capitato di vedere o rivedere in tv un paio di film di Clint Eastwood, a mio parere uno dei migliori registi viventi. Mentre guardavo Mystic river, ho avuto una piccola intuizione, che si è precisata qualche giorno dopo con Debito di sangue. Una sensazione analogica. Questa: Eastwood condivide qualcosa, in profondità, con Georges Simenon.
Provo a spiegarmelo, a dipanare il filo di questa sensazione.
Entrambi sono narratori dell’asciuttezza. Raccontano da maestri con il minimo indispensabile, l’essenziale. Tutto quello che si vede, è necessario, e non c’è nulla di più. E se, come diceva Gide, nei libri di Simenon “non c’è un etto di grasso letterario”, nei film di Eastwood si segue la stessa dieta ferrea: la storia, i personaggi, i sentimenti sono carne magra e quasi secca, ossa, nessun condimento, nessun compiacimento estetizzante. Solo sostanza, nutrimento che fa diventare adulti.
Quel che rimane, nell’uno e nell’altro, dopo tutto questo sgrassare e scarnificare, brilla di una nitidezza abbacinante e ti rimane nei sensi. L’odore del disinfettante a buon mercato ed il neon della palestra di Million dollar baby ti restano nel naso e negli occhi come la nebbia umida e la luce dei lampioni sulle strade bagnate dei tanti libri di Sim, delle storie di Maigret come di quelle dei romanzi, coi tanti personaggi oscuri, sconfitti, rosi da passioni, da ossessioni che possono spingersi al delitto, da aspirazioni deluse. Proprio come quelli di Clint. Uomini e donne reali, imperfetti, destinati spesso al fallimento nonostante i loro sforzi.
CE e GS hanno anche avuto un destino parallelo nella considerazione critica. Rigorosi artigiani del narrare, entrambi erano percepiti inizialmente come poco più che degli inutili mestieranti: paraletteratura di consumo, b-movie. Non senza gli inevitabili snobismi ideologici: “di destra” l’uno, perchè interpretava poliziotti e pistoleri dai modi spicci, manco fosse Maurizio Merli (era Eastwood, e i film li girava con Leone e Don Siegel!), e salvo poi essere oggi, se proprio bisogna applicare alle opere d’arte un’etichettatura che ci fa stare tranquilli, il più limpido interprete della riflessione critica sulla violenza, dell’elegia sulla fragilità e fallibilità delle persone, della necessità della libertà di scelta anche di fronte ad un destino ineluttabile. Simile, molto simile all’altro, sospetto collaborazionista durante la guerra -poi completamente riabilitato- e interessato agli uomini piuttosto che alle ideologie, alle loro vicende, anche ai loro gorghi più torbidi. Ed entrambi a raccontare personaggi tormentati che aspirano alla semplicità ed alla tranquillità, ad una vita “decorosa” e genuina, quasi sempre senza riuscirci. Sconfitti.
Curioso notare anche come tutti e due abbiano seguito un doppio binario nella loro produzione: da un lato opere più (in teoria) “commerciali”, di mestiere: I Maigret per Simenon, i thriller o i film d’azione per Eastwood. Dall’altro, le opere “impegnative”: i romanzi, i film drammatici, che vincono l’Oscar perchè -una volta tanto- se lo meritano.
Alla fine di tutto questo, forse vale la pena di notare anche una differenza. Che è, se vogliamo, “culturale”. Al massimo livello, si confrontano qui, incarnati nella mitologia narrativa ed umana che producono, l’America e l’Europa.
Da entrambi i lati ci sono uomini imperfetti, fallibili o falliti, con le tutte le loro parti oscure.
Ma se nell’America di Eastwood c’è violenza e competizione, solitudine e sconfitta, nell’Europa brumosa e luterana di Simenon trionfa quasi sempre l’aspetto torbido, incontenibile, corrotto. L’aspirazione alla felicità soccombe da entrambe le parti. Ma forse, oltre l’oceano restano frammenti d’innocenza che la storia qui sembra aver disperso, nel corso dei secoli, e sono sempre più difficili da ritrovare.
Ottimo raffronto, Marco.
Ti scrivo in privato. Ho in mente…
Bart
Grazie della visita e del link. Mi fa molto piacere leggere un post di qualcuno che come me apprezza il celebre ispettore Maigret, non Callaghan che usava metodi meno rustici e più sbrigativi. Inoltre come scrivevo nel mio post Maigret spesso prova quasi compassione per i poveracci che arresta, Callaghan la pietà non sa neanche dove stà di casa. Comunque sono frutti entrambi di tempie luoghi diversi.
Ciao.