Riflettevo, uscendo dalla sala, sul fatto che uno spettatore medio non francese ha forse un limite oggettivo nel giudicare questo film. Edith Piaf è infatti forse il più grande monumento musical-teatrale del novecento, ai limiti del mito, nella sua patria. Lì la sua immagine, la sua storia personale travagliatissima sono patrimonio comune o comunque elementi molto più conosciuti popolarmente che altrove. Non che in Italia o nel resto del mondo non sia conosciuta ed ammirata, ma senz’altro un francese sarà molto più esigente nel fare le pulci, se necessario, alla rischiosissima rappresentazione sullo schermo di un personaggio così popolare e “forte”. Tornato a casa, ho spulciato la minibiografia sulle note di copertina di un suo CD, ed ho riscontrato una corrispondenza puntualissima con la storia raccontata in questo film, i suoi episodi più o meno tragici, estremi, dall’infanzianel bordello normanno, all’adolescenza sulle strade parigine tra papponi e criminali, al successo punteggiato da tragedie, dissipatezze e malattie, fino alla morte prematura nel 1963.
E mi sono confermato nel fatto che questo è un film corretto, nel miglior senso possibile. Rispettoso della storia, ben girato ed ambientato, ben recitato, filologicamente ineccepibile. Senza particolari arditezze, ma estremamente piacevole. Un buon prodotto di artigianato cinematografico. Naturalmente, come dicevo prima, qualche puntiglioso francese (i francesi sono spesso puntigliosi) avrà a che ridire sull’incarnazione che del passerotto fa Marion Cotillard.Io personalmente, avendo visto poco o punto la vera Piaf su uno schermo, ho trovato la sua recitazione talvolta un po’ enfatica, quasi caricaturale nell’incarnarne le movenze goffe, originate in principio dall’eccentricità del personaggio e poi dalla malattia. Ma, come dicevo, non sono buon giudice sotto questo profilo. E se penso che forse talvolta c’è nella narrazione un eccesso di melò, rifletto poi sul fatto che, nulla essendo inventato della sfigatissima vita di questa donna, forse è vero proprio il contrario, e cioè che c’è voluta bravura per non far sprofondare il tutto nel kitsch, nell’enfasi tragica del sentimentalismo da quattro soldi.
In ogni caso, per chi non ha mai sentito la grandissima voce di Edith Piaf, questo è un film da vedere e da ascoltare, che ha dei momenti emozionanti, non foss’altro che per le canzoni che si ascoltano.
Il conto:
Spesi: 5,00 euro
Valore effettivo: 5,00 euro
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