Le festività natalizie e qualche problema di metabolismo mi hanno portato ad accumulare parecchi arretrati, in particolare nel settore cinematografico. Avrei da parlare di ben cinque film che ho visto recentemente. Il 2007 incombe, e devo essere sintetico. Cercherò di farne un compendio stringatissimo.
L’abstract è il seguente: dei cinque (Cuori, Commediasexi, Il mio migliore amico, Deja vù e The prestige) due sono buoni con riserva, uno cattivo, uno pessimo e uno ottimo. Potete divertirvi ad indovinare, se volete. Per saperlo, continuate a leggere.
Cuori di Alain Resnais è un film carino, ma non quanto mi sarei aspettato dal regista che ci ha dato perle come Mon oncle d’amerique e Parole, parole. L’apologo parigino che vede un girotondo di personaggi accumulare dolori, solitudini, incomprensioni ed abbandoni sotto la neve, metafora spudorata e virgolettata del freddo delle relazioni umane, è come al solito lieve, ben recitata, ironica quanto si può ed intelligente. Ma alla fine non lascia il segno. Ti resta una perplessità di fondo, e soprattutto ti chiedi qual’è il senso, la verità del personaggio-chiave, quello interpretato da Sabine Azema. E non riesci a darti una risposta nè se lo osservi dal punto di vista meramente narrativo (non se ne vede la storia, l’identità, non si motivano i suoi atti) nè se lo consideri simbolicamente (la contraddizione umana bene/male, sensi/ragione, spirito/corpo? L’irrazionale puro? Un angelo?). Dopo esserti lambiccato per trenta secondi, pensi chissenefrega ed il tutto ti scivola addosso, cosa che non dovrebbe accadere per un buon film.
Poi, mi ero convinto che Commediasexi di D’Alatri avrebbe potuto essere una sorpresa gradevole. Mettiamo che a uno non piaccia il panettone in genere. Gli propongono un panettone nuovo, senza canditi, con un impasto particolare, ingredienti scelti, biologici, garantiti eccetera. Che quasi non sembra un panettone ma una cassata (con la esse, mi raccomando). Per curiosità lo compra, poi lo assaggia. Può andare bene o male. Ma poi alla fine è sempre un panettone. Questo è stato precisamente quel tipo di assaggio, ed è andato male. Un Cinepanettone “alternativo”, ottimista e di sinistra, buoni attori, strizzate d’occhio che dicono “Siamo intelligenti ed anticonformisti, mica Boldi e De Sica! C’abbiamo la satira sociopolitica, vogliamo rinnovare la tradizione dei Risi e dei Monicelli, viecce a vedé!”. Li vai a vedé e ti cade il cuore nelle calze. Roba raccogliticcia, pallide copie di ben altro, dalla storia, che impiastriccia insieme L’appartamento, il Moralista, I Mostri, Una top model nel mio letto e decine di altri film senza alcun valore aggiunto (anzi, con una sceneggiatura sgangherata e senza cura), a Bonolis che è imbarazzante nel copiare calligraficamente Sordi senza esserlo, agli altri attori, bravi o bravini ma inani di fronte a tanta irrimediabile pochezza.
Per Il mio migliore amico il discorso è analogo a quello di Cuori, rispetto al quale è forse un po’ più riuscito. Da Patrice Leconte sono solito aspettarmi dei bei film, in qualche caso dei piccoli capolavori. Questo è un lavoro di tutto rispetto, da vedere senz’altro, divertente, ma non del tutto riuscito. Anche qui trovo il modo di palesare la mia crescente pedanteria rispetto alle incoerenze o ai vuoti di sceneggiatura (che volete farci, divento sempre più brontolone con gli anni). La storia dell’uomo di successo, ricco, intraprendente, egoista, votato solo agli affari ed impermeabile agli affetti amicali, che deve trovarsi un amico per scommessa (e lo trova, ma con qualche inconveniente, nel taxista interpretato dal bravissimo Dany Boon, piccolo Mishkin delle banlieues), è una trovata non banale come sembrerebbe. Ma nel suo svolgersi lascia aperte alcune crepe narrative, tra le quali soprattutto una: il businessman Daniel Auteuil (qui un po’ troppo caricaturale), l’uomo arido, incapace di amicizia, ha anche però un matrimonio (fallito) alle spalle, un’amante che pare inspiegabilmente devota ed una figlia adolescente. Questa struttura di relazioni, la storia del protagonista, per quanto incoerente, sarebbe stata interessante da indagare. Nulla di tutto ciò affiora, tranne il fatto che con la figlia ha qualche difficoltà di relazione (e volevo pure vedere). Quindi ogni tanto un mah! sorge spontaneo. Per tacere dell’happy end che non vuol sembrare tale e che lascia il tempo che trova.
Su Deja vù spenderò solo due stringati concetti: uno oggettivo, che cioè è la più macroscopica cazzata che mi sia capitato di vedere al cinema negli ultimi lustri, un vero insulto alla capacità critica dello spettatore, l’altro soggettivo, rivolto cioè a me stesso, che dico “chi m’ha cecato” (i napoletani capiranno, gli altri forse intuiranno). Non andateci se non sotto minaccia.
Finiamo in bellezza con quello che è per me uno dei migliori film della stagione: The Prestige.
Qui si che si esce dalla sala soddisfatti, dopo due ore e mezza avvincenti e con pochissimi momenti mosci, una storia originale e ben diretta, una sceneggiatura una volta tanto precisa al millimetro, che spande interrogativi e misteri, pezzi di puzzle da decifrare, indizi, magie e lampi elettrici e poi alla fine fa quadrare i conti e ti ci fa ripensare a lungo. Magnifica l’ambientazione nel mondo dei prestigiatori a Londra a fine ottocento, con guizzi scientifico/esoterici e accumuli di materiale simbolico sul tema del doppio e della ossessione dell’alter ego, dell’apparenza e dell’inganno, di ciò che scompare e riappare e forse si duplica (dopotutto siamo dalle parti del Dr. Jeckyll, ma anche del Dickens più oscuro, di H.G. Wells e di Primo Levi -non dirò quale, ma qui c’è l’ennesima idea fantascientifica da lui anticipata in uno dei suoi incredibili e poco conosciuti racconti degli anni ’60-). Michael Caine è magnifico come al solito, più o meno bravi gli altri attori (c’è David Bowie tra gli altri), e si riesce perfino a tollerare l’ennesima presenza della nota attricetta le cui iniziali sono S.J., presenza della quale evidentemente, oggi come oggi, un film su due non può fare a meno. Il perché per me resta un mistero, ma evidentemente mi sfugge qualcosa.
Deja vù. Invece, andateci ma con animo irrazionale e predisposizione al metafisico. E’ una pellicola che per certi versi ricorda il concetto di Sliding Doors…. Chi è mentalmente razionale e poco aperto all’esplorazione della possibilità del trasporto della materia nel tempo, passato e futuro e della possibilità di destini paralleli, si astenga come consigliato dal titiolare di questo blog, sarebbero 7 euro buttati, e sarebbe un peccato 😉
Fervido e Florido 2007 a Tutti.