26 Aprile 2025

Blow-upBergman Antonioni sono morti a poche ore di distanza l’uno dall’altro. Il povero Michel Serrault, anch’egli dipartito in questi giorni, è stato un piccolo vaso di coccio tra due colossali anfore di bronzo, in quanto ad attenzione dei media.
A rischio di accodarmi ai necrologi di circostanza, vorrei spendere qui due parole per l’occasione. Di Bergman confesserò di poter dire davvero poco. Ognuno ha le sue lacune. Io ad esempio, non ho (ancora) letto Proust. E non ho praticamente mai visto un film di Bergman. Ma ho intenzione di colmare la lacuna, con tempo e pazienza. E mi fido degli esperti e degli amici. Come questo.
Ma su Antonioni voglio, devo dire qualcosa. Ognuno, credo, ha la sua piccola lista di film (e di libri, di canzoni, di dischi) che gli hanno cambiato la vita. Quelle esperienze che si fanno in adolescenza e che segnano definitivamente il tuo modo di guardare il mondo, di sognarlo, di esprimerlo. Per me, uno di quei film, visto quasi immediatamente dopo 2001 (che è il primo della lista), è senz’altro Blow Up. Ricordo perfettamente quella scassatissima e microscopica sala (“Cinema Italnapoli”), specializzata in rock movies, recuperi di terza visione e “cinema d’essai” dalla quale uscii stupefatto e stravolto, alla fine della partita di tennis senza palla. Analogamente al film di Kubrick, questa esperienza obliqua, onirica,  misteriosa, piena di silenzi, di suoni e di immagini memorabili, totalmente immersa nel periodo ed allo stesso tempo astratta, atemporale, mi aveva aperto una porta della testa. Anni dopo, avrei scoperto che la storia era ispirata ad un racconto di Cortázar (quello che ha regalato il nome a questo blog, uno scrittore che amo incondizionatamente). E tutto mi sembrava tornare, in una corrispondenza sincronistica. A differenza di Kubrick, Antonioni non ha sempre sfornato film folgoranti come quello, e i suoi limiti, oggi, sono facili da individuare. Ma film come Professione Reporter e probabilmente altri (che neppure ho visto, e che oggi ho più desiderio di vedere), restano per me delle piccole zone di luce, diamanti muti e risplendenti che servono ad indicarti la strada quando fa buio, quando non sai dove andare. Il bello è che le strade che ti indicano non sai dove ti portano, sono sghembe, tortuose, innecessarie, e ti sembra di essere più confuso di prima. Ma emozionato e vivo.

7 thoughts on “Camera oscura

  1. guarda apprezzo il tuo “outing” su proust e bergman. anche io sono messo così e mi sento sempre un pò stupido.
    rimando perchè sappiamo bene che 2 ore 2 per vedere un film a volte sono un eternità di tempo (nella società frammentata moderna ecc ecc)
    aggiungo la stessa ignoranza con antonioni e mi salvo solo grazie al fanatismo su truffaut (visti tutti)
    mi sembra bello che in un blog uno dica quello che “NON sa” di qualcosa piuttosto che il contrario e quindi grazie.

  2. a me che sono tutto sommato una cinefila dell’ultima ora – nel senso che non andavo alle retrospettive su cronemberg quando avevo 15 anni come forse hanno fatto molti degli amici con i quali mi piace passare il tempo (fino a quando mi domandano di un film che non ho visto) – a me, dicevo, suona proprio giusto questo tuo post. ancora di più perché spesso anche se vedi un solo film di un regista come Bergman o Antonioni, questo ti apre la testa e il cuore (almeno tenta di farlo) e ti spinge più oltre nei pensieri e nelle parole che dici, oltre dove da solo non saresti mai andato. oppure, come spesso succede, resta il pensiero che si, quel film è bello, ma resta solo un film. ma un pensiero così vigliacco non è colpa del regista, ma di chi guarda.
    mi è capitato di emozionarmi molto qualche tempo fa sentendo parlare dean tavularis (scenografo di antonioni e molti altri) della scena finale di zabrieskie point. e due giorni fa, scegleindo delle foto per una mostra: B.H.Levy che negli anni settanta aveva venticinque, trent’anni (un giovane bellissimo, con gli occhi come delle olivette bagnate) Robbe Grillet e Borges: tutti con uno sguardo lanciato oltre quello che c’era davanti, oltre il dito puntato mentre parlavano alla conferenza. il bianco e nero delle foto che li tiene a distanza ma che nello stesso tempo li mette insieme alle foto dei nostri genitori da giovani. questo per dire che, quel tremolio che viene nel petto quando guardi un film che ti guida altrove l’ho sentito guardando quelle foto, leggendo certi libri (pochissimi tra cui ‘che tu sia per me il coltello’ di Grossman e ‘tokyo blues’ di Murakami) e vacendomi precedere sulla strada da film come ‘persona’ e ‘blow up’.

  3. Cara Tinetta,
    ho accumulato una serie di risposte arretrate, ma ho una scusa…. sono prostrato da un’influenza (tosse, febbre etc.) da vari giorni e sono a 48 ore dalla partenze per le mie pseudovacanze….. faccio ammenda e cerco di risponderti per grandi linee.

    La citazione in testa al blog è casuale: io decido cosa mettere nella lista e lui fa tutto da solo (infatti ogni volta è diversa, se ricarichi la pagina)

    Abel Ferrara pare che effettivamente suoni la chitarra in una specie di rock band (un duo, mi pare). Dovessi dirti che la cosa riscuote il mio febbrile interesse, mentirei.

    L’incorporamento dei video di youtube nel blog è cosa per la quale resto disponibile ad aiutarti, ma mi sa che ci dobbiamo aggiornare a tra qualche settimana.

    Per il resto, immagino che tu stia ancora lavorando. A maggior ragione ti arrivi un bacio consolatorio…….

  4. oddio, cronenberg si scrive con la ENNE…
    domani torno al lavoro dopo una diciamo-settimana di vacanza.
    spero tu stia meglio.
    si ritorna alle attività motorie e celebrali di sempre…
    a presto

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